ANCHISE
Il padre di Enea
ANCHISE
Io sono Anchise, il padre di Enea. Sono un uomo anziano. In gioventù non ho saputo mantenere un importante segreto e per questo Zeus, il capo di tutti gli dèi, mi ha punito scagliandomi contro un fulmine che ha danneggiato per sempre le mie gambe.
Da giovane vivevo sul Monte Ida, dove allevavo il bestiame. Il mio aspetto, magnifico come quello di un dio, ha catturato lo sguardo della bellissima dea Afrodite, la quale un giorno è venuta da me, con sembianze umane, concedendomi un intenso incontro d’amore. Dalla nostra unione è nato Enea. Afrodite mi fece promettere di non rivelare mai a nessuno la natura semi-divina di nostro figlio, altrimenti per me ci sarebbe stata una punizione esemplare da parte di Zeus. Ma io non sono stato capace di mantenere nascosta l’origine eccezionale del capo dei Troiani, che ora amorevolmente mi porta sulle sue spalle.
Sono un saldo conforto per tutte le ansie e le preoccupazioni di Enea, che è premuroso con me, mi ama e mi rispetta. Sono anche un suo prezioso consigliere, che lo aiuta a interpretare i segni premonitori, rendendo più chiaro quanto accadrà in futuro. Obbedisco al volere degli dèi e anche se per me è difficile lasciare la mia amata Troia, so che devo partire con Enea e accompagnarlo nel suo lungo viaggio verso il Lazio, perché questo è il nostro destino.
Purtroppo non vedrò mai la nostra nuova patria. A causa dei miei anni, per me la morte sopraggiungerà prima, in Sicilia, nella località di Drepano, lasciando un vuoto incolmabile nella vita di Enea. Facendo ritorno qui l’anno successivo, proprio nell’anniversario della mia morte, mio figlio istituirà solenni giochi per onorare la mia memoria.
Un forte legame familiare ci unisce e mi dà sollievo sapere che il ricordo della mia figura e dei valori che rappresento è una presenza costante nella vita e nei pensieri di Enea. Ci è concesso di incontrarci un’ultima volta durante la sua discesa nel regno dei morti. L’emozione è grande, scoppiamo entrambi in lacrime, lui vorrebbe abbracciarmi, ma per ben tre volte la mia ombra si dissolve tra le sue mani. Desidero lasciare mio figlio con una luminosa speranza per il futuro. Così prima della nostra separazione definitiva, gli mostro il destino che lo attende, indicandogli tutti gli eroi che formeranno la sua futura stirpe. Una lunga e gloriosa discendenza che renderà grande la città di Roma.
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